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mercoledì 19 dicembre 2018

Riflessione clariana sul Santo Natale

            Le settimane che precedono il Natale scorrono in fretta: il buio di mattini stellati e freddi si congiunge a tramonti di fiamma senza che quasi ce ne accorgiamo.
Si risveglia più forte il bisogno di casa, di calore, di trovarsi al sicuro. Questo dato antropologico forse ci fa capire perché un po’ tutti amano e aspettano il Natale, la visita di Dio che “fa casa” nella nostra storia.
            Tutti abbiamo bisogno di una casa che ci attende, e di sentirci a casa in questo mondo che continua a correrci accanto, talvolta trascinando anche noi.
Natale è il mistero di una Presenza che si propone umile, inerme, piccola, bisognosa di tutto: un Bambino. E in quel Bambino tutto l’Amore che il Padre ha per noi.
Tutto, perché già c’è l’abbassarsi, il chinarsi verso di noi, lo scendere nella nostra condizione più fragile, più esposta. Tutta l’Onnipotenza si mostra a noi nella estrema debolezza, quella, appunto, di un bambino.
            “Guardate, fratelli, l’umiltà di Dio, ed aprite davanti a Lui i vostri cuori” (FF 221). Sì, Francesco aveva capito e invitava a guardare prima di tutto, ad accorgerci di quanta strada Egli ha compiuto per tenderci la mano, perché questa mano non fosse più distante, irraggiungibile.
Anche Chiara ci invita a “guardare con attenzione… la povertà di colui che è posto in una mangiatoia” e lo sguardo si fa stupore: “O mirabile umiltà, o povertà che dà stupore! Il Re degli Angeli, il Signore del cielo e della terra, è reclinato in una mangiatoia” (FF 2904).
            Non c’è, dunque, atteggiamento migliore di questo: lo stupore di fronte a qualcosa di inaudito, che mai avremmo potuto pensare, immaginare, e l’aprire il cuore, accogliere, non rimanere chiusi nel nostro piccolo guscio, nella pretesa che l’io ha di volersi salvare da solo.
            Dallo stupore nasce la gioia, gioia nel vedere come Dio ci è vicino, come Dio pensa a noi, come agisce nella storia. “Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia” ci ha detto Papa Francesco all’inizio della sua Esortazione Evangelii gaudium.
            Ci domandiamo: ma tutti questi pensieri sono solo bei pensieri che non hanno a che fare con la realtà o sono la realtà? La nostra realtà non è quella corsa con il tempo che ogni giorno intraprendiamo, non è la preoccupazione per un futuro sempre più incerto, per un lavoro che non c’è, per la salute così fragile, per un mondo sempre più egoista ed individualista?
            “Chi crede vede”, ci ricordava la Lumen fidei: le situazioni - personali, familiari, sociali, mondiali - sono le stesse, ma il mistero dell’Incarnazione, del Natale, torna a dirci: Io sono con te, io sono con voi, e questo cambia la vita, la apre alla sua verità più profonda. E il suo essere-con-noi non è statico, è dinamico: ci prende con sé, ci riunisce con gli altri, ci fa Sua famiglia, Sua Chiesa. Ecco la nostra casa, il riparo di cui abbiamo bisogno sempre, ogni giorno, nel buio freddo della nostra condizione umana.
            “Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere” (Lc. 2,15) … chi crede vede. Gesù è la vera luce che dirada e dissolve le tenebre che avvolgono la nostra vita e l’umanità.
            Viviamo il Natale contemplando il cammino dell’amore immenso di Dio che si è chinato su di noi e ci ha innalzati fino a Sé. E lo scambio di auguri sia espressione della gioia di sapere che Dio è con noi e con noi percorre il sentiero della vita.

Buon Natale!

Le Sorelle Clarisse Monastero San Micheletto - Lucca

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