Le
settimane che precedono il Natale scorrono in fretta: il buio di mattini
stellati e freddi si congiunge a tramonti di fiamma senza che quasi ce ne
accorgiamo.
Si
risveglia più forte il bisogno di casa, di calore, di trovarsi al sicuro.
Questo dato antropologico forse ci fa capire perché un po’ tutti amano e
aspettano il Natale, la visita di Dio che “fa casa” nella nostra storia.
Tutti abbiamo bisogno di una casa
che ci attende, e di sentirci a casa in questo mondo che continua a correrci
accanto, talvolta trascinando anche noi.
Natale
è il mistero di una Presenza che si propone umile, inerme, piccola, bisognosa
di tutto: un Bambino. E in quel Bambino tutto l’Amore che il Padre ha per noi.
Tutto,
perché già c’è l’abbassarsi, il chinarsi verso di noi, lo scendere nella nostra
condizione più fragile, più esposta. Tutta l’Onnipotenza si mostra a noi nella estrema
debolezza, quella, appunto, di un bambino.
“Guardate, fratelli, l’umiltà di Dio, ed aprite davanti a
Lui i vostri cuori” (FF 221). Sì,
Francesco aveva capito e invitava a guardare
prima di tutto, ad accorgerci di quanta strada Egli ha compiuto per tenderci la
mano, perché questa mano non fosse più distante, irraggiungibile.
Anche
Chiara ci invita a “guardare con
attenzione… la povertà di colui che è posto in una mangiatoia” e lo sguardo
si fa stupore: “O mirabile umiltà, o povertà
che dà stupore! Il Re degli Angeli, il Signore del cielo e della terra, è reclinato
in una mangiatoia” (FF 2904).
Non c’è, dunque, atteggiamento
migliore di questo: lo stupore di fronte a qualcosa di inaudito, che mai
avremmo potuto pensare, immaginare, e l’aprire
il cuore, accogliere, non rimanere chiusi nel nostro piccolo guscio, nella
pretesa che l’io ha di volersi salvare da solo.
Dallo stupore nasce la gioia, gioia
nel vedere come Dio ci è vicino, come Dio pensa a noi, come agisce nella storia.
“Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia” ci ha detto Papa Francesco all’inizio
della sua Esortazione Evangelii gaudium.
Ci domandiamo: ma tutti questi
pensieri sono solo bei pensieri che non hanno a che fare con la realtà o sono
la realtà? La nostra realtà non è quella corsa con il tempo che ogni giorno
intraprendiamo, non è la preoccupazione per un futuro sempre più incerto, per
un lavoro che non c’è, per la salute così fragile, per un mondo sempre più
egoista ed individualista?
“Chi crede vede”, ci ricordava la Lumen fidei: le situazioni - personali,
familiari, sociali, mondiali - sono le stesse, ma il mistero dell’Incarnazione,
del Natale, torna a dirci: Io sono con te, io sono con voi, e questo cambia la
vita, la apre alla sua verità più profonda. E il suo essere-con-noi non è
statico, è dinamico: ci prende con sé, ci riunisce con gli altri, ci fa Sua
famiglia, Sua Chiesa. Ecco la nostra casa, il riparo di cui abbiamo bisogno
sempre, ogni giorno, nel buio freddo della nostra condizione umana.
“Andiamo dunque fino a Betlemme,
vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere” (Lc. 2,15) …
chi crede vede. Gesù è la vera luce che dirada e dissolve le tenebre che
avvolgono la nostra vita e l’umanità.
Viviamo il Natale contemplando il
cammino dell’amore immenso di Dio che si è chinato su di noi e ci ha innalzati
fino a Sé. E lo scambio di auguri sia espressione della gioia di sapere che Dio
è con noi e con noi percorre il sentiero della vita.
Buon Natale!
Le Sorelle Clarisse Monastero San Micheletto - Lucca
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