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domenica 28 ottobre 2018

Aperte le iscrizioni al I° CAMPIONATO DI CALCIOBALILLA della parrocchia

E le iscrizioni al Campionato della SAN FRANCESCO CHAMPIONS LEAGUE hanno avuto inizio e finiranno domenica 11 novembre!!! L'inno è pronto, i nostri promoter sono attivi!!!
Vi aspettiamo!

Intanto deliziatevi con questo...


 INNO SAN FRANCESCO LEAGUE

 








Programmazione NOVEMBRE 2018


Maria Agnese Moro e il Perdono

Sabato 28 settembre la nostra parrocchia di San Francesco ha vissuto un momento di particolare grazia nell’incontro e nell’ascolto dell’esperienza e del cammino di fede vissuto da Maria Agnese Moro, la figlia dello statista Aldo Moro vittima della furia scatenata negli anni ‘70 dalle Brigate Rosse.
Don Enzo capitani, responsabile diocesano per la Caritas, ha introdotto la testimonianza parlando del carico di dolore sociale vissuto in quegli anni dagli italiani, dell’inattualità di tensione, di paura che continuava ad alimentarsi anche con le armi, con lo scaricarsi a vicenda le responsabilità!
Il papa Paolo VI scrisse in aiuto di Aldo Moro due testi, due vere e proprie preghiere, la prima durante la prigionia del politico, una lettera alle Brigate Rosse, per esortare i brigatisti a restituite “l’uomo onesto alla libertà, alla sua famiglia, alla società civile... fratello e figlio della Chiesa di Cristo!” Paolo VI si rivolse ai brigatisti “nel nome di Cristo. Ve lo chiedo in ginocchio! Liberate l’onorevole Aldo Moro!”. Questo grande papa fu l’unica autorità a chiamare i brigatisti UOMINI; confessava tutta la sua impotenza con profonda umanità!

La figlia di Aldo Moro di fronte al dramma vissuto in prima persona ci confessa una certa difficoltà vissuta con la parola PERDONO, una parola che avverte come scivolosa, che può generare una sorta di fraintendimenti! Innanzitutto non c’è asimmetria tra chi è buono e chi deve essere perdonato: c’è da precisare che nessuno è buono, il perdono è una forma di giustizia e di amore solo per sé stessi! Questo non riguarda solo la sfera religiosa perché cercare di ricostruire ciò che è spezzato non riguarda solo la religione! E il perdono non è un sentimento, non è un colpo di spugna, non è minimizzare il male fatto, non è obbligatorio, non è questione etica o civica! Il ricomporre ciò che è stato spezzato è un’esigenza della nostra coscienza! Prima di ogni cosa c’è da riconoscere sempre la propria, totale e completa imperfezione, il proprio egoismo, la propria limitatezza.
Nel dramma subito da Maria Agnese c’è stato molto abbandono, molta disumanità; la porta si è chiusa sempre più serrata, malgrado l’innocenza del padre! Nel dramma l’unico conforto era la certezza che in qualunque situazione fosse il papà Aldo Gesù era con lui!
E il dramma non terminò con la morte: l’impossibilità di vedere il corpo se non dopo l’autopsia, la sepoltura “senza tante pompe, con poche persone” come desiderio del padre stesso... “È stato drammatico vedere più che altro la forza del male, il male è fatto anche delle facce dei buoni che non si oppongono al male, di chi persegue il suo interesse... questo fa male soprattutto quando chi agisce così è cristiano! Odio, rabbia, rancore, senso, di colpa, guardando senza la possibilità di aiutarlo... c’è un senso di giustizia, bene assoluto, inarrivabile, fortemente desiderato per tutti, per la società, ma l’unica giustizia che ti viene offerta sembra essere quella penale, certamente importante, anche per la società, e anche per quelli che devono espiare -alcuni pentiti rendono grazie per il cambiamento che vivono- ma assolutamente insufficiente al bene dell’uomo!”. Dentro i familiari di chi viene brutalmente trucidato cresce un urlo che nessuno ascolta, con il rischio di essere complice di una catena di male, con un atto che non si ferma: si genera una catena di sentimenti, di momenti di terrore e il male rivive giorno dopo giorno. A quel punto nasce un desiderio che dice basta, ed è questo il punto in cui si sente la necessità di perdono! “Mi sento fortunata perché lassù Qualcuno mi ama -continua Maria Agnese- e non mi ha mai abbandonata. Un gesuita mi parlò e mi aiutò con il suo desiderio di parlarmi.”
Maria Agnese è certa di quanto il male abbia un effetto immediato e si estenda, mentre il bene lavora nel tempo, con calma! Le parole di Paolo VI ritornarono: quegli uomini sono stati chiamati UOMINI, fratelli e queste buone parole riemersero in lei! “Alla fine mi sono decisa ad incontrare uno dei brigatisti! Franco Bonisoni: si presentò con una piantina... era la vita che continua! Quando lui era in carcere chiedeva il permesso di andare a parlare con i professori dei figli! I permessi rari erano per questi colloqui da sempre insopportabili... il mostro faceva anche queste cose... incontrarlo e parlargli ha permesso di scoprire la consapevolezza in lui di aver commesso un terribile errore, quello di aver fatto qualcosa di irreparabile! Una morte orrenda genera solo grandissimo dolore! Con il dialogo si comincia a creare un ponte e il mostro diventa uomo, essere umano, diventa un volto di una vita difficile. Da loro Maria Agnese ha imparato una cosa molto importante, incontrandoli in maniera completamente disarmata, senza pretese, senza pregiudizi! Solo così si può essere poco alla volta in grado di incontrare il mostro che copre il volto dell’uomo. Ogni anno il gruppo dei parenti si incontrava con quell’uomo per una settimana, in un luogo isolatissimo, per parlare, stare insieme, litigare... con la possibilità di chiedergli: “Come hai potuto? Programmare e agire...”; nessuno ti sa spiegare perché hanno sparato, perché qualcuno si è rifiutato e qualcun altro no.
Il male del passato inizia a svanire, mano a mano tu vuoi bene a quella persona. Amate i propri nemici diventa liberante, perché i tuoi nemici hanno un volto umano! Allora il leone e l’agnello di Isaia iniziano a star insieme e a volersi bene! Il male non ha mai avuto l’ultima parola e non ce l’avrà mai!
Come ricordare oggi un uomo grande come Aldo Moro, martire per la giustizia nel nostro paese? La figlia non ha dubbi, Aldo ha tanto amato questo paese, ha tanto desiderato di costruire cose buone con persone portatrici di diritti, dignità e rispetto che oggi anche noi dobbiamo sperare e impegnarci in questo! Maria Agnese, ci confessa accennando a un timido sorriso, che ricorda un padre pieno di tenerezza, un po’ fissato con l’igiene, ma che tutte le sere la metteva a letto a dormire rassicurandola che non ci fossero mostri nella stanza, e le stringeva la mano, finché non si addormentava. E quella mano è rimasta sempre stretta alla sua!





Mostra sugli 800 anni di presenza francescana in Terra Santa

Sabato 29 settembre ha avuto inizio nella nostra parrocchia San Francesco la mostra su “800 anni di presenza francescana in Terra Santa”. Il nostro vescovo, sua eccellenza Rodolfo Cetoloni, presso la sala “Friuli” ha tenuto un incontro sul tema “Terra Santa: il perché di un viaggio lontano. Ricordi e suggestioni per chi è stato pellegrino e per coloro che lo saranno”.
Il guardiano p. Paolo, dopo il saluto, ha introdotto mons. Rodolfo a parlare della sua lunga esperienza di pellegrino e guida di pellegrini.
San Francesco, fin dalla giovinezza personalità caparbia, mai si è accontentato di incontrare Cristo una, due, più volte, ma fino alla fine voleva sentire, imitare, fare ciò che gli ispirava il suo Signore, e in più vedere le meraviglie da Lui operate! Non solo pregare, sapere di essere salvati, Francesco voleva vedere anche i luoghi dell’incarnazione, vita, morte e Resurrezione di Cristo! Chi guida un pellegrinaggio in Terra Santa si accorge ben presto che essere guida corrisponde semplicemente all’accensione dello stoppino della candela: sono poi i luoghi di Cristo ad alimentare il fuoco che arde nel cuore del pellegrino!
Per il vescovo Rodolfo il primo pellegrinaggio è stato nel ‘71, nato da una gran voglia di girare per il mondo. A 25 anni arrivò la proposta di andare a studiare a Gerusalemme, idea che generava grande curiosità; ma da subito questa Terra così diversa dalla nostra catturò il cuore di Rodolfo.
Una domenica pomeriggio, durante la sua permanenza in Israele, si avvicinò una coppia di pellegrini che gli chiesero che luogo fosse quello; Rodolfo fu sconcertato che dei cristiani non riconoscessero il Calvario, non sapessero dove Cristo ha sofferto per ognuno di noi e ha dato la sua vita! Aiutare i pellegrini a vivere la santità dei luoghi fece sentire a Rodolfo come l’emozione si potesse trasmettere per poi ritornargli indietro aumentata! Così iniziarono per lui le avventure in questa Terra, con una ricchezza che lo spinse a proporre e a programmare per i frati in formazione un periodo di almeno 15 giorni in Terra Santa!
Anche San Francesco visse l’emozione della visita in Terra Santa, con tutte le contraddizioni e difficoltà del suo tempo! Arrivò a parlare con ardore del suo Signore col sultano d’Egitto, ottenne il lasciapassare per le città che voleva visitare. Quest’uomo non si accontentò di sapere, voleva vedere “con gli occhi del corpo”; così come a Greccio volle vedere l’incarnazione del Figlio di Dio e, 9 mesi dopo, ottenne alla Verna la grande grazia di vedere e ricevere i segni della Passione di Gesù, le Stimmate. Francesco voleva gustare la presenza di Cristo nella sua vita: quando nominava il nome di Betlem i biografi ci dicono che quasi belava e a nominare il nome di Gesù si leccava le labbra, quasi gustando la dolcezza della presenza del suo Signore.
Lo stile con cui oggi i cristiani rimangono a vivere in Terra Santa è quasi sempre nello stile di Francesco: soggetti a tutti, anche ai “saraceni” con cui possiamo essere in guerra e solo quando chiederanno il motivo di tale stile di vita allora è rivelata la confessione cristiana! I frati minori sono denominati i “frati della corda”, gente tra quella che si da da fare! E i frati si davano da fare anche quando scoppiavano le epidemie di peste e la gente moriva per strada: i frati erano gli unici ad uscire a curare i malati e a seppellire i morti! Molti frati morivano per il contagio, altri si facevano prendere dalla paura: allora i guardiani cominciarono a dare loro, dopo la benedizione, anche un po’ di Arak, del liquore mediorientale, per farsi coraggio; e ancora oggi questa bevanda è molto diffusa in Israele!
Per noi cristiani ancora oggi la Terra Santa è la terra in cui incontriamo più da vicino il Signore e nelle varie province dei frati minori i commissariati di Terra Santa si occupano di rendere più vicina e accessibile questi luoghi ai fedeli che vogliono visitarla.
Si va in Terra Santa per fare un tuffo tra i popoli, nella storia, nella politica, nella solidarietà, all’unica condizione di andarci solo da pellegrini.
Il salmo 84 ci aiuta ad entrare nel cuore del pellegrino che si appresta a fare il suo viaggio santo: “Quanto sono amabili le tue dimore Signore Dio degli eserciti... Il mio cuore è la mia carne esultano nel Dio vivente!” È la partecipazione totale, del corpo e dell’anima che si strugge, con il cuore, con tutta la volontà, con la propria storia! L’alternativa a questo atteggiamento corrisponde a chi intraprende un viaggio da turista, per una gita! In Terra Santa ci si ritorna con i figli, gli amici, le persone care, con il desiderio di trascinare gli altri, con la voglia di gridare, di aprire il proprio cuore al proprio Dio!
Il vescovo Rodolfo termina con un’ultima invocazione: “Beato l’uomo che in Te confida!”. È veramente beato colui che pone i propri passi in Dio, unica roccia sicura!




Serata Cabaret organizzata dai nostri ragazzi!

A fine settembre, a conclusione della stagione estiva, prima del lancio del nuovo anno catechistico i nostri ragazzi hanno organizzato un fantastico spettacolo di cabaret!
"Io sono un giovane istrione".
Il laboratorio teatrale che ha sede presso i nostri locali organizza annualmente uno spettacolo; quest'anno il tema della commedia è il comico. I ragazzi si sono cimentati in un collage di alcuni scheth, uno dei primi esercizi di avanspettacolo!
Il termine Cabaret nasce in Francia! In Germania parallelamente si afferma la satira, usata anche per fare politica, era il kabarett, tedesco! In Italia diventa avanspettacolo, cioè l'intrattenimento breve prima dello spettacolo vero e proprio: siamo negli anni ‘50, quando si affermano altri generi come l’opera lirica!Il primo schetch "Dal Dentista" parla di un uomo uscito dal carcere e si deve sfogare in tutti i sensi ... ma quel luogo è diventato da tempo un ambulatorio odontoiatrico! Segue "Appuntamento al buio", "In principio era il Trio", originariamente di Marchesini, Solenghi, Lopez: l'esordio categoricamente con una frase fatta (luogo classico era la veglia funebre: "Sono sempre i migliori che se ne vanno").

Grazie ragazzi! Grazie dell'assaggio di cultura che ci avete offerto!